Il WEB 2.0 è stato partecipazione. La possibilità – per esempio – di creare dei blog personali sui quali dire esattamente cosa si pensa o con i quali condividere pubblicamente le proprie competenze ha portato a un aumento enorme di contenuti, sia come tipologia sia come mole.
Il WEB 3.0
Ma l’evoluzione è incessante, siamo al WEB 3.0. Le parole chiave di questa ennesima “versione” del web sono openness e semantica. Apertura, trasparenza, vastità (di dati e di loro utilizzo/riutilizzo) ma anche accesso più semplice ai risultati (e ai dati) grazie al riconoscimento del vero significato che i dati stessi hanno rispetto al contesto in cui sono stati creati (semantica).
Già, perché passando dal WEB 1.0 al WEB 2.0 ci siamo portati a casa un problema: prima c’erano troppi pochi dati e informazioni e spesso le nostre ricerche non davano i risultati sperati; ora i dati sono tantissimi – a volte perfino eccessivi – e districarsi tra di essi (il motore di ricerca è un software, non una persona!) per proporre all’utente solo quelli veramente significativi è sempre più difficile e allora serve un percorso evolutivo verso l’intelligenza artificiale capace di interagire con il Web in modo quasi umano.
L’archiviazione e lo studio delle informazioni che riguardano l’interesse espresso durante la navigazione da parte di un software evoluto oppure la possibilità di trasferire sensazioni, esigenze, gusti e comportamenti, metterebbero le macchine nelle condizioni di poter assistere e contemporaneamente supportare le attività umane.
C’è anche un altro dibattito sul fatto che la forza trainante dietro il Web 3.0 saranno i sistemi intelligenti oppure se l’intelligenza verrà fuori in maniera più organica, da sistemi di persone intelligenti, come per esempio attraverso servizi di filtraggio collaborativo che estraggono il significato e l’ordine dal Web esistente ed il come le persone vi interagiscono.
La realizzazione del Web semantico
In linea con l’Intelligenza Artificiale, il Web 3.0 potrebbe costituire la realizzazione e l’estensione del concetto di Web semantico. I ricercatori accademici stanno lavorando per sviluppare un software per il ragionamento, basato sulla logica descrittiva e sugli agenti intelligenti. Tali applicazioni possono compiere operazioni di ragionamento logico utilizzando una serie di regole che esprimano una relazione logica tra i concetti ed i dati sul Web.
In estrema sintesi, ecco l’evoluzione del web:
- WEB 1.0: collegamenti ipertestuali (link) tra contenuti diversi. Il web connette l’informazione.
- WEB 2.0: partecipazione degli utenti. Il web connette le persone: social web e social media
- WEB 3.0: trasparenza dei dati e loro riutilizzo per fini diversi. Il web connette i saperi.
L’analogia con l’evoluzione POLITICA diventa molto stimolante e costruttiva.
Avevamo i partiti 1.0, dei punti di riferimento ben precisi (anche perché basati su contenuti ideologici), statici, strutturati anche gerarchicamente, sicuramente lenti nel recepire i cambiamenti e rinnovarsi nelle persone e nei contenuti ma affidabili e per certi versi attenti anche a stabilire e mantenere un patto con i propri elettori spesso legati da rapporti personali ed a volte anche interessi, anche se, questo voler perdurare in posizioni di potere, sfociava poi nella corruzione e in un sistema basato sulle clientele.
Poi il 2.0, la partecipazione. E’ stata scoperta la possibilità di utilizzare i social media per proporre, comunicare e diffondere il primo pensiero che passa per la mente. I tempi si sono abbreviati Non importa se quello che si dice sia effettivamente vero o falso, realizzabile o non realizzabile, responsabile o non responsabile, integrante o disgregante, l’obiettivo è mettersi in evidenza, anche esagerando con slogan e affermazioni populistiche che aumentano provvisoriamente il consenso. Ma nascosta nelle pieghe di questa risonante forma partecipativa muore qualsiasi forma di rappresentanza che non sia quella di se stessi e dell’interesse personale.
E allora avanti con il 3.0, Abbiamo tutti i dati e le informazioni che ci servono, a patto di saperle filtrare e discriminare, abbiamo facilità di comunicazione e partecipazione, possiamo organizzare nuove forme più veloci e facili per la condivisione democratica e il ragionamento e allora facciamo in modo che tutto ciò diventi un vantaggio per tutta la collettività e non solo uno strumento che permette a pochi di mettere in evidenza se stessi per il proprio interesse.
Non fermiamoci ad un effimero “Mi piace” o “al numero di followers”, il ragionamento va elevato, i saperi devono servire per analizzare e conoscere il problema, contestualizzarlo, comprendere anche le posizioni altrui. La soluzione condivisa sarà migliore.
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